Eccoci di nuovo al nostro appuntamento con la psicologa Ilaria Bonora che ogni mese ci parla di argomenti nuovi e di problematiche che spesso ogni genitore incontra nella vita quotidiana con i propri figli. Oggi si parla di punizioni…
“Calimero è un bambino che si distrae o disturba e a scuola viene mandato fuori dalla classe oppure deve passare l’intervallo a fare i compiti che non ha eseguito.”
“Minnie non riesce a farsi ascoltare dal suo bimbo di 5 anni, Topolino. Quando la fa arrabbiare lei lo minaccia dicendogli che non guarderà più i cartoni ma non ottiene risultati, lui continua a non ascoltarla.”
“Paperino, ha 6 anni, ha rotto un oggetto molto costoso e per questo viene sculacciato dalla mamma.”
Come potete intuire oggi vi parlerò di punizioni. Spesso i genitori mi chiedono se è giusto o sbagliato darle, come fare a darle, quali possono essere quelle ideali. Per rispondere a ciò bisogna però capire che cosa sono.
La punizioni sono la conseguenza, del fatto che, non rispettando una regola o un divieto, il bambino rompe un patto stretto con gli adulti di riferimento (genitori, insegnanti, nonni, ecc); sono spesso viste come un metodo educativo utilizzato da chi si occupa di un bambino per tentare di modificare un loro comportamento che appare scorretto; possono essere di due tipi: fisiche (sculacciate, sberle, costrizione fisica) oppure morali (ad esempio, reclusione in uno spazio chiuso e buio, privazione di un’azione come guardare la TV o di un oggetto molto gradito dal bambino, l’imposizione di ulteriori compiti da fare). Queste sono a mio avviso “punizioni cattive” poiché possono essere vissute con rabbia e frustrazione e generare nel bambino dei vissuti emotivi negativi che portano a poca autostima, il pensiero di essere cattivo e inadeguato e perciò legittimato a emettere di nuovo comportamenti difficili da gestire. Inoltre i genitori e gli insegnanti sono dei modelli di comportamento per i più piccoli. Se si utilizzano spesso le sgridate e le punizioni, il bambino imparerà che quello è l’unico modo per comportarsi con gli altri e quindi utilizzerà questi comportamenti, talvolta violenti, anche a scuola o con i propri amici.
Quindi che tipo di punizioni è meglio non dare?
• Punizioni violente, fisiche, corporali: inaccettabili in ogni tipo di situazione;
• Punizioni umilianti o spaventanti (raccontare a tutti in modo sarcastico cosa ha fatto il bambino, deriderlo, chiuderlo al buio ecc).
• Punizioni che non c’entrano nulla con lo “sbaglio”: se il bambino ha rovesciato un piatto sul pavimento, meglio chiedergli di pulire, anche accettando che ci vorrà del tempo e che magari non sarà pulito benissimo, piuttosto che togliergli i cartoni..in questo modo si sviluppa più l’idea che quello che si fa, giusto o sbagliato che sia, ha delle conseguenze, piuttosto che l’idea di un genitore autoritario ed onnipotente che punisce su ciò che vuole e decide lui.
• Punizioni di una durata temporale eccessiva e non in sintonia all’età del bambino: più il bambino è piccolo e più la punizione deve essere breve; punizioni che mi è capitato di sentire tipo: “due mesi senza WII ” hanno poco senso, poiché non incidono davvero sul comportamento del bambino, diventano un dato di fatto, una condizione quasi normale.
• Punizioni che riguardano il cibo, che non è oggetto di scambio ma una necessità del corpo.
• Punizioni che implicano un ricatto affettivo (“Se fai così la mamma non ti vuole più bene”), perché evocano la paura della perdita dell’amore e dell’abbandono. Queste sono vere e proprie minacce che a lungo andare fanno sentire soli: il bambino penserà che se ad esempio l’amore della mamma per lui svanisce per così poco vuol dire che su di lei non può contare.
Detto ciò è importate comprendere che vi può essere un uso “buono” della punizione che evita in tutti i modi la punizione fisica come sculacciata o sberla. Con un po di accortezza le punizioni possono diventare educative ed aiutare davvero a crescere.
Quali sono le regole per una punizione “buona”?
• Deve essere immediata al fatto che il bambino ha commesso, poiché non ha senso punire oggi un bambino per quello che ha fatto ieri, i piccoli in queste situazioni faticano a comprendere e collegare la conseguenza all’azione incriminata.
• Il momento del “pensa a ciò che hai fatto” deve essere breve ed avvenire in un posto dove il bambino sta bene, non nello sgabuzzino buio dove il bambino può provare dei sentimenti di paura; inoltre va usato solo quando il bambino ha più di 8-10 anni, cognitivamente in grado di pensare alle conseguenze del proprio comportamento.
• Agire sugli antecedenti del comportamento problematico piuttosto che sulle conseguenze: dare delle regole chiare e brevi. La punizione “Buona” va applicata dopo aver stabilito delle norme, attraverso dei patti chiari: bisognerebbe decidere insieme ai bambini cosa non si deve fare e cosa succede se non si rispetta il patto. Per il bambino deve essere chiaro che non viene punito a caso, in base al nostro nervosismo e al nostro spazientirci, ma solo quando infrange le regole stabilite. A partire dai quattro anni il bambino riesce, infatti, a cogliere un nesso causa-effetto, e a comprendere che se non mantiene un accordo viene punito.
Oltre a punizioni “buone” può essere talvolta più efficace l’atteggiamento opposto, cioè sottolineare e premiare i comportamenti positivi dei bambini. Ciò fa si che essi continuino a comportarsi bene. Ad esempio: siete dal pediatra per un controllo di routine, il bambino viene senza lamentarsi, alla fine della visita gli dite “bravo, adesso giochiamo…” oppure “sei stato bravissimo oggi, adesso prendiamo un buon gelato…” In questo modo in futuro sarà più probabile che quando dovrete tornare dal pediatra vi seguirà senza lamentarsi.
Un buon consiglio che vi posso dare per insegnare ai vostri bimbi a rispettare le regole che voi gli date è quello dello “STOP”, essa non è una punizione ma un azione che fa seguito a un atteggiamento scorretto e brutto del bambino. Lo “STOP” è adatto per bambini di età compresa fra 3 e 8 anni. Decidere un luogo dove i bambini devono sedersi per fermarsi (per fare “STOP”). Scegliete un posto tranquillo privo di distrazioni, dove potete tenere sotto controllo i bambini e dove loro possono vedere dal di fuori l’azione “brutta” che hanno commesso. Quando un bambino rompe una regola, interrompete l’azione e ponetelo sul posto “STOP”, dove vi può rimanere per un tempo da voi deciso, magari in base all’età che ha e alla gravità dell’azione commessa. Ciò serve a rendere il bambino spettatore di quello che ha fatto e a interrompere un comportamento o un’azione scorretta.
Per sintetizzare tutto ciò che riguarda le punizioni ricordiamo sempre che quando il bambino trasgredisce una regola la parola d’ordine è autorevolezza, non autorità. Il genitore autorevole è colui che richiede rispetto e stabilisce regole adatte alle diverse età, è affettuoso e coerente, non è invadente, incoraggia e promuove l’autonomia, fornisce strumenti di comprensione del mondo, si assume le sue responsabilità e sa dire di no. Quei NO che aiutano a crescere!