Oggi la nostra psicologa Ilaria Bonora ci parla della rabbia, un sentimento tanto umano ma tanto temuto. Spesso noi genitori restiamo impietriti di fronte a reazione cruente dei nostri bambini…quindi come gestirle? Vediamo qualche consiglio…. 🙂
Nala è la mamma di Timon, un bambino di 2 anni e 3 mesi che ha iniziato a picchiarla da quando è nata la sorellina, è una mamma molto preoccupata che mi domanda: “Dottoressa sono molta agitata e in ansia per questa cosa… Cosa posso fare?… ho paura che inizi a picchiare anche gli altri.”
Belle è la mamma di Sebastien, un bambino di 3 anni che frequenta da 6 mesi la scuola dell’infanzia. È un bambino molto vivace e sveglio, ben coccolato e seguito sia da noi genitori che dai nonni. Da un paio di settimane manca completamente di rispetto: risponde a tono e se minacciamo di sculacciarlo allunga le mani e da i calci. Tutte le volte Belle interviene sgridandolo per i gesti che compie e lo invita a chiedere scusa. Lui per risposta urla decine di no e quando la mamma gli fa presente che per punizione scompariranno le sue macchinine e lui si impegna a morderla in tutti i modi. Belle mi chiede da cosa nasce questo comportamento.
Quattrocchi ha iniziato ad andare all’asilo da 4 mesi, prima dei quali è sempre stato con la sua mamma Puffetta che mi racconta: “Di sera prima di andare a letto mi da sempre le sberle, come fosse un gioco, prima non lo aveva mai fatto… io una volta gliene ho data una in dietro per fargli capire che fa male, ma lui me ne ha data una più forte…”
La cosa che appare evidente in queste situazioni descritte è che questi bambini stanno sperimentando quell’emozione chiamata “rabbia”. Non c’è nessuno che non si arrabbia mai! Tutti ci arrabbiamo, è un’emozione naturale, sana e necessaria; quello che varia sono le modalità con cui la gestiamo e la esprimiamo. E’ tra le emozioni più precoci ed è molto diffusa nei più piccoli che la esprimono solitamente attraverso i capricci, i pianti ininterrotti e i comportamenti aggressivi, sia rivolti verso se stessi che verso gli altri.
I bambini devono potersi arrabbiare e devono trovare dei modi accettabili di esprimere tale sentimento.
L’accesso alla rabbia è tipico dei bambini in età prescolare. Possono averne dei fortissimi attacchi e comportarsi come se stessero davvero per esplodere, agitando furiosamente braccia e gambe, buttandosi a terra e diventando aggressivi verso i loro genitori. La rabbia dei bambini è qualcosa che ci allarma, sorprende, imbarazza, angoscia.
Di fronte a essa spesso i genitori devono gestire e contenere non solo le sue reazioni ma anche le loro: i suoi comportamenti risvegliano insofferenza, nervosismo, impotenza e ansia che si trasformano a loro volta in altra rabbia e in senso di smarrimento. L’importante in questi casi è non lasciarlo mai solo, perché un bambino, a differenza dell’adulto, ha meno strumenti per controllare o esprimere in forma adeguata le sue emozioni. Per non farci travolgere dall’aggressività infantile e conviverci al meglio proviamo a vedere insieme che significato ha l’arrabbiarsi per i nostri piccoli.
La rabbia è:
• un comportamento di autoaffermazione poiché è la prova che il bimbo tiene a se stesso e non sopporta di subire. Se è ben incanalata, lo può aiutare a farsi rispettare, a non cedere ai soprusi e alle umiliazioni
• è il suo strumento di difesa e quindi un modo per chiedere aiuto poiché se lui non si arrabbiasse quando ritiene di aver subito un sopruso, non darebbe un segnale della sua sofferenza e noi non ci accorgeremmo di nulla
• è uno strumento per saggiare i suoi limiti
• è una richiesta di amore poiché quanto quando il bambino diventa improvvisamente aggressivo, il messaggio che sta mandando è “Non sento di avere valore per le persone a cui voglio bene. Mi sento di troppo, sbagliato, escluso”. Questo è un messaggio che va accolto, altrimenti l’aggressività rischia di crescere fino ad esplodere.
Un bambino arrabbiato, quindi, non è cattivo ma è solamente un bambino che sta crescendo, che sta sperimentando se stesso e imparando a conoscere il mondo che lo circonda.
Come si manifesta l’aggressività nei bambini e come cambia nei primi anni di vita?
Fino ai 18 mesi circa il bambino non sa ancora esprimersi bene attraverso il linguaggio e perciò le sue reazioni sono molto fisiche: spesso a quest’età i bambini mordono per manifestare la loro frustrazione; non c’è l’intenzionalità di far male. Il morso rappresenta la modalità più adatta per manifestare le loro emozioni e per “provare” l’altro.
A 2 anni l’aggressività comincia ad essere intenzionale ed è ancora molto fisica: non stupiamoci se assistiamo a scene di grida, calci e pugni! E non stupiamoci se questi gesti sono rivolti soprattutto verso i genitori: è il modo dei bambini di iniziare ad affermare la propria individualità e conquistare il loro posto nel mondo.
A 3 anni la rabbia inizia ad essere rivolta verso i coetanei e diviene uno strumento per trovare una collocazione all’interno di un gruppo.
Quale comportamento adottare davanti alla rabbia e all’aggressività dei bambini?
• Disapprovare il comportamento, non il bambino. Se il bambino è piccolo, non dilunghiamoci in spiegazioni, diciamogli chiaramente che questa determinata cosa non si fa e diamogli il tempo di calmarsi. Dobbiamo sempre ricordarci che il nostro bimbo imparerà a non essere aggressivo, ma per capirlo dovrà arrabbiarsi molte volte!
• Insegnargli a riconoscerla e a darle un nome. Parlare di ciò che si sta vivendo è fondamentale per imparare a contenere questo sentimento. È importante poter riflettere e discuterne insieme, magari aiutandosi con la drammatizzazione delle emozioni o mettendola in scena con l’ausilio di bambolotti o marionette. Di fronte alla rabbia dei più piccoli è controproducente reagire con sgridate e punizioni. Al contrario è opportuno lodare i miglioramenti di gestione della rabbia, premiando i comportamenti positivi e costruttivi che il bambino mette in atto quando si sente sopraffare da questo sentimento. Se ha 3-4 anni, possiamo iniziare ad associare al NO una breve e chiara spiegazione del perché: gli insegneremo così a verbalizzare le proprie emozioni.
• Diamo voce alla sua abbia. Diciamogli che capiamo che è infastidito, arrabbiato o furioso e cerchiamo di essere precisi poiché la rabbia non è sempre uguale, ma che questa cosa non si può comunque fare. Lo abitueremo così a verbalizzare le emozioni e a conoscerle e lo accompagneremo verso l’accettazione della frustrazione.
• Proporre modalità alternative per sfogare la rabbia. Se, come descritto in precedenza, la rabbia è normale, non dobbiamo chiedere a un bambino di non arrabbiarsi. Il nostro compito è di insegnarli un modo alternativo per sfogarsi, permettendogli così di conoscere e controllare questa emozione. Per esempio dicendogli: “Quando urli così, la mamma fa più fatica a capire cosa dici, la prossima volta proviamo a non gridare?”; oppure rassicurarlo: “Vieni qui che la mamma ti fa due coccole”; quando diventa aggressivo e prova di darci una sberla provare di fermargli la manina e indirizzarla verso un gesto positivo come una carezza. Una volta che si è calmato, si può spiegargli che quella rabbia è possibile metterla in un gioco. Per esempio, può fare un disegno che rappresenta la sua rabbia e poi può tagliarlo a striscioline. Un’altra proposta è quella di prendere una lattina vuota pulita e invitare il bimbo a urlarci dentro e poi sistemarla in un posto nascosto, oppure possiamo proporgli di tirare pugni al cuscino, di “urlare” tutta la rabbia in un armadio che poi chiuderemo insieme o di appendere un cartellone in cameretta in cui disegnare ogni volta il “mostro rabbioso”.
• evitare di arrabbiarsi più di lui. È umano ma rischia di ritorcersi contro quindi proviamo a sedare la sua rabbia senza ricorrere anche noi ad essa. Cerchiamo di mantenere la calma: non è facile, ma è il modo migliore per offrire un modello di comportamento alternativo. I bambini, si sa, imparano da quello che vedono prima ancora che da quello che diciamo loro. Mettendoci sul suo stesso piano perdiamo autorevolezza e siamo di cattivo esempio.
Lasciamo, quindi, che i bambini si arrabbino: insegneremo loro ad accettare i loro limiti, a conoscere il mondo e a sviluppare la loro identità.
Il compito ingrato è, ancora una volta, dei genitori: riuscire a sopportare urla e pianti e resistere a morsicotti e sberle è difficile…ma è per il loro bene e non possiamo tirarci indietro!